Architettura dell'edificio

 

La Scuola di Matematica


Dal libro di Gloria Arditi e Cesare Seratto
GIO PONTI Venti cristalli di architettura
il Cardo, Venezia 1994

L'area scelta per l'intervento della nuova Città Universitaria, è compresa tra il viale delle Scienze, via dei Marrucini, via Tiburtina, una volta via dei Battaglioni Universitari, e l'attuale via Regina Elena, ex via della Regina. L'intervento, nella sua distribuzione urbanistica, fu definito da Marcello Piacentini, con l'idea di riproporre l'antico tema della piazza, strettamente legato al concetto dell'agorà e del foro. L'impianto di tipo basilicale è composto da un viale principale, della larghezza di 60 metri, navata, tagliato da un asse trasversale, transetto, per proseguire in un'abside immaginaria. Gli edifici che disegnano la planimetria principale sono dodici, gli architetti che li progettarono, dieci. A selezionare i progettisti fu Marcello Piacentini che, nel 1935, in un articolo scritto sulla rivista "Architettura" da lui diretta raccontava:

Nella primavera del 1932 il Capo del Governo mi chiamava all'altissimo compito di preparare il progetto della Città Universitaria, affidandomi la direzione dei lavori. Egli stesso mi assegnava i limiti e le caratteristiche del tema: innalzare i limiti del principale centro di studi del Mediterraneo, esprimendo in essa le più alte e moderne possibilità della tecnica costruttiva italiana. [...] Quasi a significare che il massimo Ateneo d'Italia doveva essere costruito con il contributo spirituale dell'intera Nazione, il Duce volle che chiamassi intorno a me alcuni giovani architetti, scelti tra i migliori di ogni regione d'Italia, suddividendo tra loro il vasto compito.

In ordine, gli interventi e i loro progettisti furono: la Clinica ortopedica e traumatologica, gli Istituti di igiene e batteriologia di Arnaldo Foschini: tra loro si innalzano gli alti propilei che enfatizzano l'ingresso alla Città Universitaria. Seguono l'Istituto di chimica di Pietro Aschieri e, di fronte a sinistra, l'Istituto di Fisica  di Mario Pagano. A questo punto il viale principale si allarga nel transetto: all'estremo destro l'intervento di Ponti, la Scuola di Matematica; sul lato sinistro gli Istituti di mineralogia, geologia e paleontologia di Giuseppe Michelucci. A chiusura di questo lato trasversale, gli edifici di Ernesto Rapisardi: la Facoltà di Lettere e Filosofia  e la Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche.

Al centro, e in asse con l'ingresso, il Rettorato  di Marcello Piacentini, con l'Aula Magna e la Biblioteca. In pianta l'intervento si richiude accennando l'idea di un'abside, disegnata dagli ultimi tre edifici: gli Istituti di botanica e chimica farnaceutica, di Giuseppe Capponi, a destra; gli istituti di istologia e fisiologia generale, antropologia e psicologia sperimentale, di Giovanni Michelucci, a sinistra, e, a chiudere, la caserma della Milizia universitaria degli architetti Minnucci e Montuori [1].

La scelta stilistica predominante degli interventi è quella indicata da Marcello Piacentini nei suoi progetti in stile littorio. Uno stile che dice di rifarsi, nei principi, alla tradizione classica, della quale coglie soprattutto il linguaggio monumentale, espresso negli alti colonnati e negli elementi di ordine gigante; rarefatto nelle decorazioni, stilizzato nei capitelli quasi inesistenti, incide le sue ripetitive finestre sui chiari rivestimenti in travertino. Tutto assume un aspetto metafisico con accenni di sontuosità quasi irreale. Un'astrazione architettonica che esprime un sogno di grandiosità, la più adatta a interpretare le esigenze di un'epoca politicamente assolutista [2]. Realizzata per volere del Duce, l'università fu inaugurata il 31 ottobre del 1935, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, per ospitare 12.000 studenti.

Secondo il parere di alcuni storici dell'architettura [3], tre furono i progetti che maggiormente si distinsero per le scelte compositive: la Scuola di Matematica , l'Istituto di Fisica e l'edificio di Mineralogia; i loro architetti furono rispettivamente Giò Ponti, Giuseppe Pagano e Giovanni Michelucci, il cui razionalismo nordico resistette alle influenze dello stile littorio.

Di grande interesse innovativo anche l'intervento di Giuseppe Capponi [4], l'Istituto di botanica che, nella tipologia come nell'uso dei materiali, ha in sé la forza espressiva delle fabbriche tedesche e olandesi dei primi decenni del Novecento.

 

Ponti, libero da vincoli linguistici, sceglie per la Scuola di Matematica una soluzione planimetrica a volumi distinti.

 

 

Gli elementi che compongono la pianta, a ferro di cavallo, sono: un edificio rettangolare che accoglie la Scuola di Matematica pura, la biblioteca e le sale dei professori; da questo edificio partono due ali di altezza minore che ospitano le aule di disegno, e si richiudono sul volume centrale del complesso che contiene le tre aule "a teatro" da 450 posti l'una, segnalate in prospetto dalle ampie finestrature.

 

  

Giò Ponti

All'interno una corte spaziosa è lastricata in pietra, oggi occupata per lo più da ingombranti scale di sicurezza. Il trattamento esterno è duplice: laterizio per l'edificio rettangolare e, all'epoca, intonaco chiaro per gli altri volumi. Le aperture, nella sagoma, fanno affiorare in facciata l'andamento dello spazio interno, dimensionandosi secondo le esigenze di luce. Nel prospetto d'ingresso la grande vetrata disegnata da Ponti e realizzata da Fontana Arte, corrisponde agli ambienti della biblioteca, le cui pareti interamente rivestite di libri, sono percorse da più livelli di ballatoi. Alla definizione della struttura collaborò l'ingegner Zadra.

[1] I numeri si riferiscono alla planimetria.

[2] << A Palazzo Venezia nella sala del mappamondo, toccando a me il tema dell'arte - riferisce Ugo Ojetti - il Duce ebbe a ripetere queste parole :"Fate grande. Fate grande">> citazione in De Seta, Architetti Italiani del Novecento, Laterza Bari 1987.

[3] Ad esempio Kenneth Frampton, in Storia dell'architettura moderna, Zanichelli, Bologna 1982, p.240.

[4] << Gli unici edifici che conservino qualità distintive e comunicative sono quelli di Capponi e di Ponti: opere non scomode teoricamente, per la matrice purista-modernista che nella simmetria e nella gerarchia topologica è possibile rintracciare e contrapporre al "razionalismo ortodosso", ma certo contraddittorie, in concreto, all'esito complessivo della Città Universitaria>> da G. Accatasto, V. Fraticelli, R. Nicolini, L'architettura di Roma capitale 1870-1970, Roma 1971.

                                                                                                Roberto D'Autilia
Dicembre 1995

 

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